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Breve storia della bonifica a Fondi (LT)

Quello della bonifica è uno dei temi più discussi riguardo alla storia di Fondi, fatto che è presente sin dall’inizio della sua fondazione.


Già il suo nome è indice della principale caratteristica territoriale che è quella relativa alle zone umide. Il nome deriva da Fundola, voce latina che indica un luogo chiuso, mutato in Fundana con i romani relegandola a più poderi, conosciuta come una terra accessibile tramite l’acqua.



Fu poi nel corso della prima parte del 1300 che il conte Roffredo III Caetani dell’Aquila attuò opere di bonifica essendo la città soggetta ad impaludamento. I conti abbandonarono la residenza a causa della situazione di abbandono contando anche che la cinta muraria di Fondi subì un degrado a causa dell’acqua stagnante presente anche per le piazze e per le strade generando veri e propri acquitrini.


Altro esempio è l’opera appoggiata dalla contessa Anna Carafa di Stigliano tra il 1638 e il 1641 e il lavoro dell’ingegnere Giacomo Baratta nel 1793 su impulso delle liti della comunità fondana verso il suo signore feudale. Anna Carafa infatti visitò le terre con il marito Filippo

Ramiro di Guzman convinti di intervenire urgentemente circa le opere di bonifica. La contessa riceve dalle Università di Fondi e Monticelli (Monte S. Biagio), dalla chiesa locale la donazione di due quinti della Piana. Nel 1809 la commissione feudale per l’abolizione dei feudi testimonia così: “Essendo possedrice dell’ex feudo di Fondi Anna Carafa Principessa di Stigliano maritata al Duca di Medina viceré di questo Regno, l’Università di Fondi conoscendo il bisogno positivo che vi era di disseccarsi tanti pantani che stavano in quel territorio e che rendevano l’aria molto insalubre, non potendo ella soccumbere alla spesa necessaria pel disseccamento, stimò nel dì 8 maggio del 1638 di […] fare la spesa necessaria pel disseccamento […] e la qualità della bonifica, secondo il giudizio datone dall’Ingegnere Cafaro”.


Le iniziative di regolamentazione delle acque avvennero a partire soprattutto negli ultimi anni del 1800 trasformando il territorio fondano predisponendolo a uno sviluppo economico grazie all’agricoltura che era tra le più ricche e redditizie d’Italia; si cita la

macchina vecchia di Pantano ossia l’idrovora di Acquachiara. Costruita nel 1880 fu tra le prime d’Italia e segnò l’inizio della fase moderna della bonifica.

Alla fine del 1700 la vicina Terracina aveva già avviato i lavori di risanamento delle paludi e sul suo esempio la comunità locale sollecitò che fosse fatto lo stesso ottenendo favore presso il governo borbonico. Nel 1790 Ferdinando IV rispose all’esposto di Fondi che lamentava l’abbandono del territorio continuamente allagato incaricando Giuseppe Maria Galanti di riferire che si sarebbe ripresa la bonifica delle acque stagnanti. Galanti infatti descrisse la Piana come un territorio squallido dal quale si attuarono migrazioni verso lo Stato Pontificio, e dal 1781 al 1789 la popolazione passò da 5105 abitanti a 4973. Il problema dell’impaludamento era legato all’interramento delle due foci del lago di Fondi (Canneto e S. Anastasia), ma anche la scarsa attenzione prestata all’Università di Fondi nella presentazione di progetti e proposte.


Dal periodo francese con l’abolizione dei feudi da parte di Giuseppe Bonaparte (legge del 2 agosto 1806), si stabilisce che le giurisdizioni baronali e i proventi fossero reintregrati alla sovranità, e Vincenzo di Sangro perse le terre ottenute in concessione feudale conservando solamente il titolo onorifico di Principe di Fondi. Questo fatto si è riflesso sulla questione con la restituzione alle Università di Fondi e Monticelli dei due quindi della Piana. Nel 1830

venne aperto un nuovo canale dall’alveo di Acquachiara fino al Vetere portando una stabilizzazione della situazione che tuttavia non durò a causa della scarsa manutenzione.

Dopo aver raccolto le acque superiori e averle incanalate verso il mare si dovevano comunque proteggere le foci del lago a Canneto e S. Anastasia con la regolare manutenzione delle opere spurgando i canali tre volte l’anno per consentire (in un’area anche con minima pendenza) il deflusso delle stesse acque.


Nel 1879 l’ufficio del Genio Civile di Caserta attuò un progetto per prosciugare definitivamente la zona tra Vetere e Acquachiara: “costruzione di tre edifici, il primo per l’impianto delle macchine idrovore […], il secondo per l’alloggio del macchinista, fuochista ed ufficio, il terzo per deposito combustibile necessario per l’alimentare le macchine”. Il terreno è circondato da canali in terra che convogliano le acque basse in comunicazione tra loro tramite un alveo. Ma di queste opere del 1882 Gaetano De Giorgio scrive nel ‘900 che i lavori erano mal fatti e che solo dopo la realizzazione dell’idrovora si capì il malfunzionamento.


Le opere di manutenzione e spurgo dei canali nei prossimi quindici anni riguardo alla macchina di Pantano coinvolgono solo i moli a difesa della foce a mare del canale Canneto con cinque ponticelli sul controfosso destro del canale Vetere, due case di guardia ad uso e alloggio dei custodi e degli operai e per deposito utensili. A ciò si aggiunge un ponte di ferro con spalle in muratura nel canale Vetere e sempre nel 1899 vengono concessi a Camillo Cantarano i lavori per costruire un argine lungo i canali di bonifica Vetere e Fontana di Lauro.


Il 22 marzo 1895 il consiglio comunale di Fondi si occupò del nuovo Rezzola creato per il raccoglimento delle acque che prima finivano nel canale Vetere dopo che la popolazione manifestò il malumore per i danni cui i lavori potevano dar cagione. Gli argini infatti non vennero costruiti con terra solida, ma con residui naturali che facevano passare l’acqua andando a sommergere i terreni minacciando la coltivazione dei campi. Infatti le piogge invernali alzarono in maniera anomala il livello delle acque impedendo il deflusso verso il lago dove le acque restarono alte.


L’idrovora dell’Acquachiara, invece, inizia ad invecchiare a lavori non ancora terminati e quindi si pensò di potenziare gli impianti aumentando la potenza dei motori alimentati elettricamente diminuendo i costi della produzione idroelettrica. Il progetto del 19 agosto 1919 prevedeva di sostituire all’energia termica esistente quella elettrica per prosciugare definitivamente i comprensori interessati alla bonifica. Si costruirono due centrali: una a Ponte Selce e l’altra presso le sorgenti S. Vito. Si ampliarono i casotti, uno a Portella e l’altro a Streficci. I lavori delle due centrali, delle vasche di carico e dei casotti idrovori furono assegnati all’impresa De Stefano per 1.073.692 lire e furono ultimati il 28 ottobre 1928.

Infine, nel 1920 anche i fratelli Pantanella di Roma subentrarono agli eredi di Sangro per 1300 ettari di Selva Vetere. Nel 1923 i Bisleti acquistarono le azioni della società dei Pantanella limitando l’attività di bonifica integrale nella tenuta di proprietà della società Salto di Fondi per migliorare la produzione agricola.


Il problema “secolare” era principalmente quello del sollevamento delle acque nei terreni bassi in mancanza di uno scolo naturale per via della presenza della duna tra il mare e la pianura. Nel 1930 nell’Agro pontino si avviò una fase intensa di lavori sulle paludi ed è in questo contesto che si inserisce la nascita del Consorzio di Bonifica nella Piana di Fondi e Monte San Biagio. Fino al 1927 il territorio in questione faceva parte della provincia di Terra di Lavoro per la quale era competente in materia di bonifica l’Ufficio del Genio Civile di Caserta; con il passaggio alla provincia di Latina le testimonianze circa gli interventi sono da cercare presso l’Archivio di Stato di Latina (1934).


Fonti:


-Il Palazzo Caetani di Fondi, Cantiere degli studi, G. Pesiri & P. F. Pistilli, 2013

-Storia di Fondi, Giovanni Conte Colino 1901

-La macchina vecchia di Pantano, la bonifica della Piana di Fondi e l’idrovora di Acquachiara, A. Attanasio, 2006, Archivio di Stato di Latina

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Post: Archeologia/Urbanistica
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