Ricorre il 7 giugno, a Fondi, la festività della Madonna del Cielo, devozione che ha una lunga storia e per la quale mi piacerebbe spendere qualche parola.
Questa ricorrenza si celebrava (all’inizio) il 15 agosto con la festa dell’Assunzione, completa di una processione con la statua che ora si trova nella Cappella del santuario vicino all’entrata della sacrestia. Proprio questa statua (che vediamo riproposta nella raffigurazione esposta fuori al santuario), fu commissionata dalla devota napoletana Beatrice Ottinella allo scultore Giovanni Battista Amato nel 1613 come reca la dicitura “Beatrix Ottinella Neapolis Pia e Devotionis Monumentum Ext Are Voluit Anno D.MDCXIII”. La sua particolarità sta nel fatto che la si riesce a portare in processione ogni 25 anni, salvo eventi straordinari come il 18 luglio 1943 quando la città chiese protezione alla Madonna per le vicissitudini del conflitto mondiale che causò disperazione e malcontenti. Il popolo chiese l’intercessione alla Madonna del Cielo, che uscì in processione con l’aiuto dei soldati che la portarono in spalla. Nel XIX secolo la festività fu spostata al 7 giugno per farla coincidere con la fiera di inizio estate. L’evento che contribuì a rafforzare ulteriormente la fede di questo popolo verso le intercessioni della B.V. Maria avvenne il 10 settembre del 1854 quando a causa dell’epidemia del colera la popolazione fu decimata, e i devoti chiesero il suo intervento per debellare la malattia; fatto che poi avvenne, confermando la protezione della Regina del Cielo verso questo territorio.
Altri momenti storici possono essere menzionati come la stessa costruzione della chiesa per volere del Conte Onorato II Caetani che troviamo inginocchiato nella lunetta del portale centrale.
L’appellativo di Madonna del Cielo, sembrerebbe derivare da una venerazione già in atto nei primi secoli del cristianesimo, incontrandola già nel V secolo d.C. Questa venerazione si intreccia al tema dell’Assunzione di Maria in Cielo (ecco perché la festività cadeva il 15 agosto), confermata dal vescovo Gregorio di Tours storico e agiografo gallo-romano.
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