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I Gonzaga e gli stretti rapporti con i Turchi

A Fondi è nota la vicenda del tentato rapimento della Contessa Giulia Gonzaga da parte dell’ammiraglio del Sultano Solimano I, Khayr Al-Din (Ariadeno Barbarossa) nell’agosto 1534, ma meno noto è il fatto che la storiografia ha portato alla luce le vicende che hanno interessato la famiglia Gonzaga nei loro rapporti con i Turchi, portando ad affermare che la famiglia mantovana ha da sempre avuto un dialogo diretto con l’Impero Ottomano e che il nome Gonzaga non era di certo nuovo al Sultano.


La maggior parte di questi rapporti si basa sul collezionismo di oggetti d’arte e sulla ricerca di una particolare razza di cavalli molto richiesta dalla nobiltà italiana del Cinquecento.

In “L’archivio Gonzaga di Mantova. La corrispondenza familiare, amministrativa e diplomatica dei Gonzaga” (1922) di Alessandro Luzio leggiamo che: “È risaputo che i Gonzaga si distinsero tra’ Principi Cristiani per le spiccate simpatie turcofile, determinate a lor volta dalla passione pe’ cavalli e dall’ambizione di rifornire tutte le scuderie de’ Sovrani d’Europa.”


I rapporti tra Mantova e Gerusalemme sono noti già dal XII secolo soprattutto grazie anche

alla presenza dell'ordine dei Templari dove un'ulteriore attestazione si trova nelle piante delle chiese mantovane con assetto circolare secondo il modello della Basilica del Santo Sepolcro e la convocazione della dieta di papa Pio II Piccolomini da parte di Ludovico III Gonzaga nel 1459 per la crociata contro gli ottomani che avevano occupato Costantinopoli.

Come già anticipato, la collezione di oggetti d'arte della famiglia mantovana è caratterizzata da elementi orientali, dagli oggetti del cardinale Francesco Gonzaga ai vasi della marchesa Isabella d'Este. Il marito di quest'ultima, il marchese Francesco II Gonzaga, ebbe rapporti col sultano Bayezit II poiché messosi alla ricerca di cavalli turchi. Un'ulteriore testimonianza riguarda le decorazioni nel Palazzo Ducale con la presenza della "Camera dei Turchi" e nel Palazzo di Marmirolo con la “Camera Greca” e la “Camera del Mappamondo” dove è rappresentato Kasim, l'inviato del sultano. La stessa passione verrà ereditata dal figlio Federico II Gonzaga (1500-1540) come è stato riscontrato nell'inventario Stivini (1540-1542) dove si legge la presenza di manufatti ottomani facenti parte della sua collezione.

Al duca sono stati inviati anche dei testi che riguardano i turchi, come nel 1520 anno in cui l’arcidiacono Alessandro Gabbioneta dona un manoscritto intitolato “Delle historie, et origine de Principi de Turchi, ordine della corte, loro rito, et costumi” di Teodoro Spandugino Cantacuzeno, uno storico greco dalle nobili origini bizantine.


Nel 1525 Federico II Gonzaga, manda a Costantinopoli l’ambasciatore Antiacomo Marcelli Anconitano per rendere omaggio a Solimano I consegnandogli otto casse di doni. Un anno dopo, nel marzo 1526, l’ambasciatore viene inviato nuovamente presso la corte turca dove il Sultano scrisse una lettera indirizzata al duca dove si richiamava l’amicizia tra la famiglia Gonzaga e l’Impero Ottomano.


Ancora, è Paolo Giovio nel 1530 ad inviare un testo sul successo dei Turchi a Vienna nel 1529, una possibile prima versione del “Commentario de le cose de’ turchi”.


Ad avere rapporti con i Turchi non furono solo i marchesi e i duchi mantovani, ma anche figure religiose come il Cardinale Ercole Gonzaga. Nel 1561, a conclusione del Concilio di Trento presieduto dal cardinale Gonzaga, quest’ultimo commissiona a Tiziano Vecellio il ritratto del Sultano a cavallo, consegnato a Venezia all’inviato mantovano Ippolito Capilupi con l’incarico di spedirlo in Oriente. Purtroppo di questo dipinto si sono perse le tracce come è accaduto anche per un primo ritratto commissionato da Federico II Gonzaga.

Nel 1564 giunge la notizia della cattura di alcuni nobili spagnoli che, una volta tentata la fuga dalla galera sulla quale furono imbarcati, vennero uccisi dai Turchi. L’anno seguente nel 1565 in


fatti gli ottomani attaccano Malta dove trovano la resistenza dei Cavalieri dell’Ordine. Alcuni disegni dell’isola furono inviati da Roma a Mantova dato l’interesse dei Gonzaga nel voler conoscere sistemi di difesa all’avanguardia e che furono sperimentati in occasione dell’attacco ottomano.


Guglielmo Gonzaga, figlio di Federico II e Margherita Paleologo, fu educato alla carriera ecclesiastica ma successivamente alla morte di Francesco III, suo fratello maggiore, prese il suo posto come erede del Ducato di Mantova nel 1550, nominato come III Duca di Mantova anche a seguito della morte, nel 1563, del Cardinale Ercole Gonzaga. Nello stesso anno sono stati rintracciati i rapporti che la famiglia Gonzaga ebbe a Roma con Michelangelo Buonarroti, considerata come un’eredità del cardinale, contatto che però è stato attribuito più al segretario Ippolito Capilupi che, oltre ad essere ambasciatore dei Gonzaga a Roma tra il 1544 e il 1560, fu prelato, collezionista e bibliofilo.


Per approfondimenti si rimanda a:


-Daniela Sogliani, “Massimamente delle cose di Costantinopoli. I Gonzaga e i turchi nei documenti dell’Archivio di Stato di Mantova alla metà del Cinquecento al sacco della città” in Venezia Cinquecento - Studi di Storia dell’arte e della Cultura, XXIII-2013, n.46, Bulzoni editore.


-Daniela Sogliani, “Guglielmo Gonzaga tra gusto dell’antico e modernità. Rapporti artistici, acquisti e mercato (1563-1587)”, in Gonzaga – L’esercizio del collezionismo, La Celeste Galeria, volume allegato al catalogo della mostra a cura di Andrea Emiliani e Raffaella Morselli, 2002.


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Post: Archeologia/Urbanistica
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