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Epistole: Santa Caterina da Siena e il suo ruolo nello Scisma d'Occidente (1378)

Durante il Medioevo, più precisamente nel 1378, Fondi è stata protagonista di un evento che ha segnato la storia della Chiesa: Lo Scisma d'Occidente.


Fu proprio a Palazzo Caetani a Fondi che si tenne il conclave durante il quale fu eletto l’antipapa Clemente VII (Roberto di Ginevra).


Una figura molto importante in questa vicenda fu Santa Caterina da Siena della quale riportiamo alcune epistole per delineare quanto accaduto.

Alla morte di Gregorio XI il collegio cardinalizio si riunisce in conclave per eleggere il nuovo pontefice: papa Urbano VI. Si trovava ad Avignone e in vista delle elezioni dopo diversi anni il conclave si tenne a Roma.

Questi era molto rispettato dalla cancelleria apostolica avignonese, città che vide lo spostamento della sede papale, e la goccia che fece traboccare il vaso fu proprio questa. Il popolo italiano esclamava: “Lo volevo romano o per lo meno italiano”. Alcuni cardinali francesi si riunirono ad Anagni e congiurarono contro il nuovo pontefice spinti dall’idea che l’elezione fosse stata fatta sotto pressione da parte del popolo. Vista la situazione, Urbano VI decise di inviare tre cardinali a trattare con gli scismatici che preferirono appoggiare Roberto di Ginevra, ma arrivati a Fondi il conte Onorato I li accolse e cercarono l’appoggio della regina Giovanna I di Napoli; il 20 settembre 1378 a Palazzo Caetani si tiene il conclave durante il quale Clemente VII viene eletto antipapa. L’elezione di Clemente in realtà ben si sposava con le idee politiche dei cardinali e del conte. Onorato I aveva delle faccende in sospeso con Urbano VI al quale chiese la restituzione di una somma di denaro prestata al precedente pontefice, Gregorio XI. Urbano si rifiutò di restituire tale somma e questo atteggiamento portò Onorato ad appoggiare l’elezione di Clemente VII. Quest’ultimo trovò appoggio anche dalla corona del Regno di Napoli; infatti la regina Giovanna accettò di appoggiare i cardinali scismatici per una motivazione: temeva che Urbano VI potesse toglierle il trono. A questo punto Fondi e il Regno di Napoli si trovarono in una posizione opposta a quella di Urbano VI alleandosi per fare fronte comune.


Caterina da Siena alzò forte il monito contro il conte di Fondi, quando si accorse che proteggendo i cardinali ribelli stava propiziando lo scisma, lui che da «figliuolo obediente e sovvenitore della Chiesa ora aveva ricevuto siffatto seme che non [avrebbe potuto] produrre altro frutto che di morte». La grande domenicana scrisse al potente signore invitandolo a «tornare voi medesimo ed a riconoscere il danno dell’anima e del corpo», poiché avrebbe dovuto pensare a causa del suo comportamento «a quanti sete cagione (della perdita) dell’anima e del corpo, de’ quali – ammoniva ancora la senese – vi converrà rendere ragione dinanzi al sommo Giudice […]». Imprudente e sordo ad ogni richiamo il conte offrì al collegio cardinalizio, come sede del conclave, i suoi domini di Anagni prima e di Fondi dopo, per sfuggire alla potestà del popolo romano - in conclave sub Romanorum potestate - e procedere quindi ad una elezione libera ed in tutta sicurezza.

Urbano VI cerca da subito di imporre un sistema di governo molto diverso da quello cui era abituata la corte avignonese, di cui lui pure era stato un funzionario.

Nel giro di poche settimane Urbano riesce ad inimicarsi gran parte del collegio cardinalizio che lo aveva eletto. Fino al punto che i cardinali gli si ribellano apertamente e, adducendo irregolarità nell’elezione per subita violenza da parte del popolo, dichiarano Urbano usurpatore del soglio petrino, provvedendo all’elezione di un altro papa, cioè di un antipapa, come sostiene senza esitazione la più grande sostenitrice di Urbano, santa Caterina da Siena. La santa cerca anche di spingere il pontefice a riformare i corrotti costumi ecclesiastici, pur suggerendogli modalità di comportamento più miti di quelle che sono proprie del suo temperamento.

Attacca poi le istituzioni e i governi, colpevoli di aver resto <<l’Italia corsa dalle compagnie di ventura e dilaniata dalle lotte intestine; il regno di Napoli travolto dall’incostanza e dalla lussuria della regina Giovanna;>>

Caterina era stata particolarmente attiva nella vicenda e già tempo prima, nel corso della “guerra fredda” tra Papato e fiorentini, viene ricevuta da Gregorio XI ad Avignone che, seppur affascinato dalla sua integrità e forza d’animo, non si fa convincere ad accettare la pace. Caterina però non demorde e continua ad inviare lettere al papa invitandolo a liberarsi dal giogo francese e tornare a Roma.

Gli sforzi diplomatici della santa si concretizzano il 17 gennaio 1377 quando Gregorio XI, per la prima volta dopo 68 anni, rimette piede nella Città Eterna.

Trascorre i suoi ultimi anni cercando di pacificare i rapporti tra Firenze e Roma, e contrastando l’anti-papato di Fondi istituito dai francesi.


Anche al conte di Fondi, fece recapitare un’epistola nella quale sollecitò Onorato I Caetani a non appoggiare i cardinali che avevano favorito lo scisma ponendosi contro il legittimo successore della cattedra di San Pietro (Urbano VI).

Ciò che emerge nelle epistole è che Caterina da Siena poteva permettersi di usare questo tipo di linguaggio semplicemente perché viveva in pienezza il santo Vangelo. Aveva saputo armonizzare e fondere il Vangelo con la Carità, la Carità con la difesa della Verità. In questo modo Caterina fu veramente una luce per la Chiesa, una nuova evangelizzazione per il suo tempo nel quale si parlava di Riforme. Ne è un esempio la Lettera 310 scritta a tre vescovi (cardinali) che si erano posti contro il Papa Urbano VI, Caterina ha parole dure, ma anche cariche di amore vero e di speranza, dice:

"- solo nell’obbedienza al Papa – stanno coloro che hanno lume, che con lume conoscono la verità, e conoscendola, l’amano! (…) Voi foste posti a nutrirvi al petto della santa Chiesa (…). Chi mi mostra che voi siete ingrati? La persecuzione che voi, con gli altri insieme, avete fatta e fate a questa Sposa, nel tempo che dovevate essere scudi, e resistere ai colpi dell'eresia...Nella quale, sapete e conoscete la verità (…) Ora voi voltate le spalle, come vili e miserabili cavalieri: ma l’ombra vostra v’ha fatto paura. Siete partiti dalla verità che vi nutriva, per accostarvi alla bugia, che indebolisce l’anima e il corpo…Chi è il responsabile? Il veleno è il solo amor proprio, quell’orgoglio che avvelena il mondo…"


Sostenitrice di papa Urbano VI, gli invia una lettera dalla quale possiamo capire, in maniera più approfondita, il clima della situazione e in che modo si andava sviluppando la vicenda.

“Soltanto passando attraverso il crogiolo sarete quello che dovrete essere, il dolce vicario di Cristo in Terra! … Fate dunque tutto quello che è in vostro potere acciocché non veniate ad agire secondo la volontà degli uomini, piuttosto secondo la volontà di Dio che altro non chiede, e per lo quale motivo vi ha posto a sì tanto supremo vicariato. Ma voi avete bisogno dell’aiuto di Gesù Cristo Crocifisso e con voi i vescovi che sono chiamati a consigliarvi, perocché molti sono fra loro corrotti e neanco ferventi sacerdoti, liberatevi di costoro, ponete il vostro santo desiderio in Cristo Gesù, ripudiate i sollazzamenti del marciume della corruzione, abbiatelo a distinguere da questo: se non sapete soffrire, non siete degno! Voi fate le veci del dolce Cristo Gesù, e come Lui dovete desiderare soltanto il bene delle anime, dovete bere il calice dell’amarezza, dovete farvi dare il fiele. Oh quanto sarà beata l’anima vostra e mia che io vegga voi essere cominciatore di tanto bene”.


Di Caterina certo si conoscono molte altre lettere che indirizzava coraggiosamente a esponenti della politica e a uomini di Chiesa; quest’azione, per il tempo in cui visse, era “insolita” in quanto difficilmente una donna poteva prendere la parola in pubblico, tanto meno avere l’ardire di chiedere udienza a papi e re. Non a caso nel 1939 Papa Pio XII la proclamò patrona d’Italia insieme a San Francesco d’Assisi considerandola “a buon diritto il decoro e la difesa della patria e della religione.”


Fonti e sitografia:


- Jacobella Caetani e San Tommaso d’Aquino (pp.12-13)


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