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Ninfa nella letteratura russa: Immagini dell'Italia, Pavel Muratov (1912)

Conosciuto come l’autore che ha inaugurato il genere del diario di viaggio letterario, Pavel Muratov nella sua opera Immagini dell’Italia riporta una descrizione di Ninfa, visitata dallo scrittore durante un soggiorno in Italia dove il Lazio meridionale è considerato come “luogo di contemplazione e di pace, dove la categoria del tempo non ha validità” restituendo un’eterea descrizione paesaggistica. Il libro è stato definito da Lo Gatto nel 1976 come “il vademecum dei vagabondi, pellegrini e turisti russi nella penisola”, e che certamente è per noi un’eredità importante.


Molti viaggiatori russi hanno descritto l’Italia tra Ottocento e Novecento, tanto che il 1922 risulta essere un anno fitto di pubblicazioni sul tema. Nella prima metà del XIX secolo, infatti, emergono alcune opere dei poeti Puskin, Venevitinof e Kozlov che nonostante non abbiano mai avuto un’esperienza diretta dell’Italia hanno proseguito la tradizione dei racconti sul filone di Goethe e Byron.


Ciò che emerge in questo particolare tipo di letteratura è l’impressione che l’incontro e il confronto con la natura mediterranea hanno da sempre succitato nelle popolazioni del nord Europa.  I caratteri che la distinguono sono il rigoglio della natura, la mitezza del clima e l’esaltazione del patrimonio storico-artistico. In questo senso l’Italia viene trasfigurata in una sorta di Paradiso Terrestre.


È anche il caso della descrizione che Murtov fa di Ninfa nel tentativo di scovare il genius loci e svelare l’anima del luogo. Per lo scrittore Ninfa è una “Pompei medievale” in cui la natura “fa prigioniera eterna l’opera abbandonata di mani umane.”


Di seguito si riporta un estratto:


“In qualunque altro Paese le rovine di Ninfa sarebbe soltanto un monumento del passato, interessante agli occhi di storici e archeologi. La natura del Lazio ne ha fatto un autentico prodigio. Gli affreschi sbiaditi delle chiese, i volti spenti di santi e angeli avevano acquisito un significato particolare grazie all’erba e ai fiori che li decorano. L’edera verde scuro conferiva un fascino romantico alle finestre gotiche e alle absidi bizantine. La potenza primigenia, la forza vegetale dell’antica terra del Lazio in nessun posto si percepisce così chiaramente quanto qui. […] Nel silenzio che regna sulle rovine di Ninfa emerge lo sforzo enorme di quest’opera di assorbimento, inaccessibile e lenta per la nostra coscienza.”


Secondo lo scrittore l’essenza degli abitanti del Lazio sta nell’identità del luogo che abitano secondo una vita che segue il suo corso naturale e dove le attività umane sono in sintonia con il volgere del giorno e delle stagioni e dove è la natura a scandire il tempo: “il Lazio è la terra delle greggi infinite, il paradiso di qualsiasi animale che, pur addomesticatosi all’uomo, continua a trasmettergli qualcosa della sua primigenia libertà selvaggia.”


Bibliografia:


Silvia Ascione, Il Lazio e l’Agro pontino all’inizio del Novecento in Immagini dell’Italia di Pavel Muratov in Il progetto MAGISTER. Ricerca e innovazione a servizio del territorio, a cura di Riccardo Morri, FrancoAngeli, Milano, 2018.

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Post: Archeologia/Urbanistica
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