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Olive "di Itri" o "di Gaeta"? Una questione storica


Conosciute principalmente sotto il nome di “Olive di Gaeta” si discute spesso sulla provenienza, se itrane o gaetane; voglio allora ripercorrere la storia di questo prodotto tipico del Lazio meridionale citando esempi storici che possono aiutarci a discernere la questione.


Partiamo dalla “Cultivar Itrana”, una tipologia già descritta da Virgilio nell’Eneide e che si diffuse intorno al 1400 a seguito del commercio del prodotto nei paesi del Mediterraneo per mezzo del ducato di Gaeta. Tuttavia, dalle testimonianze storiche emerge che anche il territorio di Gaeta si caratterizzava da uliveti.


Lo stesso Codice Diplomatico Gaetano testimonia la presenza di vigneti e oliveti con attenzione alla salvaguardia e protezione delle specie vegetali perché essendo di “pubblico interesse” gli Statuti dell’Università di Gaeta sollecitavano a garantirne la presenza nel territorio. Il rigore è più accentuato quando si disciplina che “senza l’autorizzazione del Balio nessuno poteva togliere dai suoi fondi un solo ulivo.” Questa competenza era del Consiglio della Città che richiedeva al proprietario di ripiantare in breve tempo piante nuove.

Fatto sta che oltre a Gaeta altre cittadine erano impegnate in questa produzione, per citarne alcune: Maranola, Traetto, Fondi, Itri, Lenola.


Un riferimento è citato da Cesarale e Magliozzi che curarono la pubblicazione “L’amministrazione Civica di Gaeta del suo Territorio e Distretto negli anni 1538-1553” con la lettura delle deliberazioni del Consiglio della sua Università e da cui emerge una presenza non indifferente delle coltivazioni di ulivi.

Nel 1994 fu Mons. Paolo Capobianco a pubblicare “Gaeta con le sue olive nei tempi” testo dove si concentra la storia della coltivazione degli uliveti e le attività della popolazione gaetana.

Anche G. B. Guerri ne “Il sangue del Sud - antistoria del Risorgimento e del Brigantaggio (2010) mentre riporta l’assedio della città nell’autunno 1860 per mano dell’esercito di Vittorio Emanuele II, scrive: “la città non si risollevò più, perché i danni peggiori vennero dopo i bombardamenti. Per scaldarsi dal freddo, i piemontesi avevano abbattuto centomila olivi e carrubi, patrimonio della zona”.

Altra bibliografia la troviamo in N. Magliocca “Usi e costumi del popolo gaetano” dove si legge: “un tempo la coltura dell’olivo era essenziale per l’economia del paese. Ad essa si dava grande importanza, divideva il primato con la vite, il carrubo e gli ortaggi. D’altro canto la natura stessa del terreno prevalentemente collinoso e il clima temperato favorivano il suo sviluppo. La produzione era abbondante, soddisfaceva il consumo locale e inoltre si esportava sotto forma di olio e di olive in salamoia.”


Alla luce di quanto esposto, continuiamo con i processi di lavorazione. Le olive di Gaeta sono identificate come DOP secondo la Reg. Ue 2016/2252 del 01/12/2016 GUUE L 340 del 15/12/2016 che riporta: “la determinazione di “Oliva di Gaeta DOP è riservata all’oliva della varietà «Itrana», detta anche Gaetana. Non è ammessa l’utilizzazione di piante di «Itrana» geneticamente modificate.” […] “Il processo di fermentazione delle olive viene condotto seguendo il tradizionale «sistema all’itrana».” […] “sistema che si è consolidato negli anni basato su processi fermentativi che coinvolgono una vasta e varia flora microbica che si forma spontaneamente e che dà luogo a fermentazioni prima tumultuose e poi lente che si stabilizzano dopo l’aggiunta del sale.”


In conclusione, le olive itrane (in base al grado di maturazione in cui vengono raccolte, Novembre-Aprile) possono essere configurate come Oliva Bianca se è verde, Cerasola e “di Gaeta” per quelle mature. Quindi, l’oliva bianca itrana fa parte della stessa famiglia di quella gaetana, ma per distinguerle si tiene a mente una differenza: quella di Itri è raccolta e messa in salamoia precocemente prima della maturazione (mesi novembre-dicembre) mentre quella gaetana viene raccolta tra marzo-aprile e messa in salamoia.


Infine, da uno studio (Itrana: una cultivar molto speciale Firenze, 11 giugno 2013 i georgofili Quaderni 2013-V) emerge che “il numero delle piante presenti nei comuni, circoscritti dal disciplinare dop Colline Pontine, è pari a 3 milioni; di questi il 70% è rappresentato da olivi di cultivar Itrana; questo è un fatto altamente significativo, perché spesso ci dimentichiamo che un prodotto a denominazione di origine deve avere una accertata tipicità.”


Riferimenti:






Immagine: dal web

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Post: Archeologia/Urbanistica
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